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La valutazione del rischio tromboembolico
Si sa, ma non si fa sempre
Bari15 aprile 2023
RAZIONALE
Il tromboembolismo venoso (TEV), è il terzo disturbo circolatorio più comune nelle popolazioni occidentali, con un tasso di incidenza di 1 su 1000 all’anno nei cinquantenni. Circa il 50% di tutti gli eventi di tromboembolismo venoso si verifica a causa di un ricovero ospedaliero, sia per intervento chirurgico che per malattia medica acuta.
Ad un occhio non troppo attento potrebbe sembrare ormai non più urgente ed attuale parlare di profilassi antitrombotica. In effetti l’ultima esperienza Covid-19 ci ha dimostrato come sia fondamentale attuare una terapia anticoagulante con eparina per contrastare la coagulopatia da Covid-19, che presenta complicanze trombotiche man mano che la malattia si fa più grave. La presenza di una malattia medica acuta comporta comunque un rischio elevato di sviluppare un evento tromboembolico per l’attivazione della coagulazione e dell’infiammazione. Le complicanze trombo emboliche venose sono comuni tra i pazienti ospedalizzati, 10-40%, e dai dati che si conoscono l’uso di eparina nei pazienti medici determinerebbe una riduzione del rischio di TVP del 56% e del 58% di EP. Ciò nonostante, si tende a sottovalutare il rischio e purtroppo la trombo profilassi rimane ampiamente sottoutilizzata in pazienti con malattie mediche acute. Per quanto riguarda i pazienti portatori di neoplasia, è stato stimato che il rischio di morte è più di tre volte superiore per i pazienti oncologici con TEV rispetto a quelli senza TEV.
L’incidenza complessiva del cancro è diminuita negli ultimi due decenni, ma ora ci sono più persone che vivono con questa malattia rispetto a prima e il rischio trombotico nei pazienti neoplastici è quindi ulteriormente aumentato dalle terapie che si prolungano spesso per lunghi periodi. Fare una messa a punto su tutte queste problematiche risulta assai importante per i medici specialisti, ma anche per il medico di medicina generale che è sempre più coinvolto nel prolungamento terapeutico dall’Ospedale al territorio.
Ad un occhio non troppo attento potrebbe sembrare ormai non più urgente ed attuale parlare di profilassi antitrombotica. In effetti l’ultima esperienza Covid-19 ci ha dimostrato come sia fondamentale attuare una terapia anticoagulante con eparina per contrastare la coagulopatia da Covid-19, che presenta complicanze trombotiche man mano che la malattia si fa più grave. La presenza di una malattia medica acuta comporta comunque un rischio elevato di sviluppare un evento tromboembolico per l’attivazione della coagulazione e dell’infiammazione. Le complicanze trombo emboliche venose sono comuni tra i pazienti ospedalizzati, 10-40%, e dai dati che si conoscono l’uso di eparina nei pazienti medici determinerebbe una riduzione del rischio di TVP del 56% e del 58% di EP. Ciò nonostante, si tende a sottovalutare il rischio e purtroppo la trombo profilassi rimane ampiamente sottoutilizzata in pazienti con malattie mediche acute. Per quanto riguarda i pazienti portatori di neoplasia, è stato stimato che il rischio di morte è più di tre volte superiore per i pazienti oncologici con TEV rispetto a quelli senza TEV.
L’incidenza complessiva del cancro è diminuita negli ultimi due decenni, ma ora ci sono più persone che vivono con questa malattia rispetto a prima e il rischio trombotico nei pazienti neoplastici è quindi ulteriormente aumentato dalle terapie che si prolungano spesso per lunghi periodi. Fare una messa a punto su tutte queste problematiche risulta assai importante per i medici specialisti, ma anche per il medico di medicina generale che è sempre più coinvolto nel prolungamento terapeutico dall’Ospedale al territorio.